27 gennaio 2006

Trasporti pubblici

I trasporti pubblici in Guatemala meritano una menzione speciale, perché sono davvero efficienti. Mettiamo l'esempio che dalla scuola io voglia andare al lago Atitlán. Per prima cosa andrò in piazza Bolivar, a poche centinaia di metri dalla scuola. Una volta giunto alla piazza non dovrò fare molto. Dopo pochissimo tempo arriverà sicuramente un microbus, vale a dire un furgone di dimensioni normali fornito di 18 posti a sedere (non c'è nessun spazio di movimento, però ci sono 18 posti a sedere, lo garantisco). Oltre all'autista, sul microbus viaggia un aiutante, che si preoccupa di riempire il veicolo cercando di convincere tutte le persone ferme nei dintorni della strada a salire. L'aiutante fornisce anche informazioni sulla destinazione (informazioni sempre corrette) e si preoccupa di incassare il costo della corsa (1 quetzal, meno di 20 centesimi di franco).

Ora, per prendere il bus diretto al lago Atitlán dovrò dirigermi al Terminal. È facile, poiché ci va la maggior parte dei microbus. Una volta giunto al Terminal mi basterà attendere un millisecondo perché qualcuno mi chieda dove voglio andare e mi accompagni al bus giusto (e vi assicuro che il bus è sempre giusto). Con un po' di fortuna il bus - o meglio la "camioneta", come si chiama qui - sarà già piena e partirà dopo pochi minuti. Altrimenti bisognerà attendere che si riempia.

Le "camionetas" sono in genere vecchi bus scolastici statunitesi, come quelli che si vedono nei film degli anni 60-70, a volte ridipinti e quasi sempre con slogan rassicuranti del tipo "Que Dios nos ayude" o "Dios adelante y yo al volante" (primo o poi vedrò di pubblicare qui una fotografia dei veicoli in questione).

Durante il percorso la "camioneta" tenderà a riempirsi all'inverosimile. Sui sedili pensati per due persone si siederanno almeno tre persone (se ci sono bambini anche di più) e ciononostante talvolta qualcuno rimarrà in piedi. Per incassare il prezzo del viaggio l'aiutante dovrà improvvisarsi contorsionista e qualche volta arrampicarsi sul porta bagagli per scavalcare i conglomerati più inestricabili di corpi umani. E io apprenderò una volta di più come i concetti di pieno e vuoto siano assolutamente relativi.

Ma la cosa bella è che nonostante la calca, la confusione, il reaggeton sparato a tutto volume (è la musica che va per la maggiore da queste parti, una fusione tra hip hop, raggamuffin e musica latina), non mancherò la mia destinazione. Perché alla minima espressione di dubbio nei miei occhi qualcuno mi spiegherà dove ci troviamo, dove dovrò scendere e comincerà a chiedermi da dove vengo, com'è la situazione economica in Svizzera, se anche la Svizzera ha un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, quanto vale il franco svizzero e se per caso non è possibile trovare lavoro in Svizzera.