30 gennaio 2006

Sempre a proposito di acqua...

Domani probabilmente chiuderanno l'acqua corrente, qui a Xela. È già successo un paio di volte, nelle ultime settimane. L'acqua è mancata quasi completamente per 3-4 giorni. Solo a tratti, soprattutto durante la notte, dai rubinetti usciva un rigagnolo.

È un problema qui, quello dell'acqua. Quando manca, per cucinare bisogna far ricorso ai bottiglioni di acqua potabile ("agua pura"), molto più cari dell'acqua del rubinetto.

L'acqua del rubinetto in ogni caso dev'essere bollita per una decina di minuti perché sia potabile (a 2300 metri, a causa della pressione minore, l'acqua bolle a temperature più basse dei 100º C e quindi le tenere bestiole che la abitano non tirano subito le cuoia).

Che sia per questo che ho dovuto sperimentare un'infelice coesistenza con un'ameba?

Sabato in laguna


La laguna di origina vulcanica di Chicabal, a circa 2700 m.s.m., luogo sacro dei maya e oggi parco naturale grazie al sostegno di Helvetas.

27 gennaio 2006

Trasporti pubblici

I trasporti pubblici in Guatemala meritano una menzione speciale, perché sono davvero efficienti. Mettiamo l'esempio che dalla scuola io voglia andare al lago Atitlán. Per prima cosa andrò in piazza Bolivar, a poche centinaia di metri dalla scuola. Una volta giunto alla piazza non dovrò fare molto. Dopo pochissimo tempo arriverà sicuramente un microbus, vale a dire un furgone di dimensioni normali fornito di 18 posti a sedere (non c'è nessun spazio di movimento, però ci sono 18 posti a sedere, lo garantisco). Oltre all'autista, sul microbus viaggia un aiutante, che si preoccupa di riempire il veicolo cercando di convincere tutte le persone ferme nei dintorni della strada a salire. L'aiutante fornisce anche informazioni sulla destinazione (informazioni sempre corrette) e si preoccupa di incassare il costo della corsa (1 quetzal, meno di 20 centesimi di franco).

Ora, per prendere il bus diretto al lago Atitlán dovrò dirigermi al Terminal. È facile, poiché ci va la maggior parte dei microbus. Una volta giunto al Terminal mi basterà attendere un millisecondo perché qualcuno mi chieda dove voglio andare e mi accompagni al bus giusto (e vi assicuro che il bus è sempre giusto). Con un po' di fortuna il bus - o meglio la "camioneta", come si chiama qui - sarà già piena e partirà dopo pochi minuti. Altrimenti bisognerà attendere che si riempia.

Le "camionetas" sono in genere vecchi bus scolastici statunitesi, come quelli che si vedono nei film degli anni 60-70, a volte ridipinti e quasi sempre con slogan rassicuranti del tipo "Que Dios nos ayude" o "Dios adelante y yo al volante" (primo o poi vedrò di pubblicare qui una fotografia dei veicoli in questione).

Durante il percorso la "camioneta" tenderà a riempirsi all'inverosimile. Sui sedili pensati per due persone si siederanno almeno tre persone (se ci sono bambini anche di più) e ciononostante talvolta qualcuno rimarrà in piedi. Per incassare il prezzo del viaggio l'aiutante dovrà improvvisarsi contorsionista e qualche volta arrampicarsi sul porta bagagli per scavalcare i conglomerati più inestricabili di corpi umani. E io apprenderò una volta di più come i concetti di pieno e vuoto siano assolutamente relativi.

Ma la cosa bella è che nonostante la calca, la confusione, il reaggeton sparato a tutto volume (è la musica che va per la maggiore da queste parti, una fusione tra hip hop, raggamuffin e musica latina), non mancherò la mia destinazione. Perché alla minima espressione di dubbio nei miei occhi qualcuno mi spiegherà dove ci troviamo, dove dovrò scendere e comincerà a chiedermi da dove vengo, com'è la situazione economica in Svizzera, se anche la Svizzera ha un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, quanto vale il franco svizzero e se per caso non è possibile trovare lavoro in Svizzera.

25 gennaio 2006

Acque e santi


Domenica, Lago Atitlan. Uno dei luoghi più turistici del Guatemala, ma incantevole. Panajachel, l'approdo dei bus che arrivano da Xela, sembra un po' la riviera romagnola d'estate. Non proprio, ma quasi. Quando cammino lungo la strada principale piena di negozi e di souvenir penso a quei cartoni animati dove il gatto Silvestro guardando il canarino Titty se lo immagina arrosto. Nello stesso modo mi guardano i venditori. Per vendetta compro solo una cartolina da 2 quetzal (circa 30 centesimi).

Ieri ho reso visita a San Pascual, una delle divinità maya che hanno assunto il nome di un santo cattolico, per continuare ad essere venerate dopo la conquista spagnola.
Il sincretismo qui è molto diffuso ed è più o meno tollerato dalla chiesa cattolica. Le varie chiese evangeliche (o forse è meglio dire evangelicali, per evitare malintesi) sorte negli ultimi decenni, soprattutto grazie ai finanziamenti statunitensi. sono invece più rigorose e non tollerano la sopravvivenza di credenze precristiane.

In ogni caso San (o Don) Pascual, uno scheletro vestito da re, è venerato da molti fedeli, non solo in Guatemala. Gli ex voto appesi nella cappella a lui dedicata parlano di un culto diffuso anche nei paesi vicini. Un membro della cofradía (confraternita) che gestisce la cappella ci spiega che in origine Don Pascual era probabilmente una divinità maya della morte. Per questo viene invocato soprattutto nei momenti di agonia.

Sopra il tetto di lamiera della cappella si sentono correre e miagolare i gatti. "Qualcuno dice che abbiano un rapporto speciale con il santo", afferma Ronaldo, la nostra guida. La foto del santo costa 10 quetzales. Scatto con la Nikon, così non ho una foto digitale per il blog.

Oggi, per riprenderci dal pomeriggio mistico, siamo finiti alle Fuentes Georginas, un bagno termale a 35º C a pochi chilometri da Xela. Se non fa bene allo spirito, certo fa bene al corpo.

Che tempo fa in Svizzera?



Solo per suscitare un po' di invidia... La spiaggia di El Tulate, sabato scorso.

20 gennaio 2006

La escuela


Già sta per terminare la seconda settimana di scuola. A dire il vero non mi pare che il mio spagnolo sia migliorato molto. Sarà che ora ho tutte le regole grammaticali in testa e parlare mi pare più difficile. Naturalmente ho molti vantaggi sui miei compagni di corso statunitensi, ma non mi pare di aver fatto un salto qualitativo enorme. Vedremo.

La scuola è però molto buona. Ogni giorno ci sono cinque ore di insegnamento individuale. Inoltre la scuola organizza manifestazioni, gite e conferenze che permettono di conoscere la realtà sociale ed economica del paese. E anche la vita in famiglia permette di esercitare la lingua. Come detto vivo con una signora anziana, Catalina, e con tre sue pensionanti, una maestra e due scolare della regione di Huehuetenango. Catalina riceve spesso visite dei membri della sua grande famiglia (ha quattro figli, vari nipotini e anche un pronipote). Così c'è sempre la possibilità di imparare nuove parole ed espressioni.

Non posso che raccomandare la scuola a chi voglia impararare lo spagnolo. Tutte le informazioni necessarie si trovano a questo indirizzo. L'unico svantaggio è che ci sono troppi anglofoni. Finiscono per parlare sempre inglese tra di loro.

19 gennaio 2006

La vendetta di Montezuma

Speravo di uscire indenne dallo choc alimentare a cui è confrontato chi viaggia nei paesi del sud. Ma la vendetta di Montezuma ha raggiunto anche me, rivoltandomi lo stomaco come un calzino. Così oggi ho dovuto rinunciare alla prevista escursione a Zunil, una località a pochi chilometri da Quetzaltenango. Niente di troppo grave, mi sto riprendendo. Aspetto però le analisi del laboratorio, per sapere quale gentile bestiola ha deciso di mettere su casa nelle mie viscere.

16 gennaio 2006

Chichicastenango



El Casco



Alcuni studenti del Proyecto Lingüistico sulla cima di El Casco.

Sindacato e mercato

Negli ultimi giorni sono stato lontano dai computer, più o meno. La vita può essere frenetica anche a queste latitudini. Venerdì mattina avevo un appuntamento con il segretario generale di un'organizzazione sindacale locale. Aveva tenuto una conferenza nella scuola e così ho approfittato dell'occasione per chiedergli un'intervista. Mi devo pur tenere in esercizio, no? Mi ha accolto nella Casa del pueblo, un edificio costruito 10 anni fa con l'aiuto di volontari svizzeri e con il sostegno dell'allora Sindacato edilizia e industria, oggi Unia. Un colloquio interessante. Qui i sindacati sono preoccupati sorattutto per l'erosione dei diritti dei lavoratori, per la crescita de settore informale (che il sindacato sta cercando di organizzare) e per gli effetti del trattato di libero scambio con gli USA, che dovrebbe diventare operativo nei prossimi mesi. Certo, i problemi sono simili in tutto il mondo, ma qui le conseguenze sono più pesanti. La disoccupazione è già alta e molti temono che il trattato farà aumentare l'emigrazione negli Stati Uniti. Nello stesso tempo gli USA stanno discutendo la costruzione di un gigantesco muro alla frontiera con il Messico.

Sabato la scuola ha organizzato un'escursione su una montagna nella regione di Xela, chiamata El Casco. Solo un'ora di cammino, però tra i 2000 e i 2700 metri. Quanto basta per far venire il fiatone a tutti gli studenti, montanari compresi. Ci ha fatto da guida R., un ex guerrigliero della URNG (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca), che in questi luoghi ha combattuto tra la fine degli anni '80 e il 1996 (anno in cui fu firmata la pace tra governo e guerriglia). La sua è una storia molto impressionante. All'inizio degli anni '80 suo padre, un leader contadino, fu sequestrato e torturato per 15 giorni. Sopravvissuto per miracolo, fuggì con la famiglia nel Chiapas (Messico). Allora R. era un bambino. Quando compì i 18 anni si unì alla guerriglia e per anni non rivide la famiglia. Ora vivono insieme in un villaggio di ex rifugiati in Messico del dipartimento di San Marcos. R. lavora come guida per le scuole di lingua ed è attivista della URNG (oggi un partito politico).

Domenica con alcuni studenti del Proyecto Lingüistico ho visitato Chichicastenango, dove si svolge uno dei mercati più noti del paese. Molti turisti, ma anche molti colori, stoffe, odori, visi che parlano di un mondo a cui noi non abbiamo più accesso. Durante il tragitto in bus (circa 2 ore da Xela) un produttore di stoffe, Salomon, mi dice tutte le preoccupazioni dei guatemaltechi per la situazione economica e per il futuro. Nel quotidiano che ho comprato poco prima, la "Prensa Libre", si dice che circa il 75% della popolazione non è soddisfatto con l'azione dell'attuale governo e non crede in nessuno dei partiti presenti slla scena politica del paese. Le prossime elezioni presidenziali si terranno nel 2007.

13 gennaio 2006

Quetzaltenango dall'alto

La città di Quetzaltenango è dominata da una collina chiamata El Baul. Il nome deriva dalla parola quiché per i monticelli di terra delle talpe. È un'area protetta e dalla cima si vede tutta l'agglomerazione di Xela (il secondo nome di Quetzaltenango).

12 gennaio 2006

Quetzaltenango

Piazza Bolivar, a pochi passi dalla scuola di lingua.

San Andrés Xecul 2

Chiesa di San Andrés. Il nome maya del villaggio, Xecul, significa qualcosa come "sotto la giacca" e si riferisce al clima freddo della regione.

San Andrés Xecul 1


San Andrés Xecul è un villaggio a pochi chilometri da Quetzaltenango, noto per le sue chiese colorate (nella foto si vede la chieesa del Calvario) e per i luoghi di culto maya (se ne scorge uno sulla destra della chiesa).
Il villaggio è abitato prevalentemente da maya. Vi si parla il quiché.

10 gennaio 2006

La mia camera a Quetzaltenango